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ENVIRONMENT AND OLD LANDSCAPE

BENVENUTI NEL BLOG DI TERREALTE.ORG DEDICATO AL PAESAGGIO - QUI TROVERETE UNA RACCOLTA DI FOTO SUL PAESAGGIO ITALIANO ANTICO (ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO E BOTANICA) IN PARTICOLARE SULLE VITI MARITATE (OLD LANDSCAPE )

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martedì 22 luglio 2014

HENRY DESPLANQUES - FOTO DI VITI MARITATE





IMPORTANTI FOTO DI HENRY DESPLANQUES
LA VITE MARITATA IN UMBRIA NEGLI ANNI '50 DEL SECOLO SCORSO
(FONTE: CONSIGLIO REGIONE UMBRIA - BIBLIOMEDIATECA )



coltivazione di viti ed ulivi


 vite maritata ad orniello

vite maritata valnerina

"La campagna toscana è stata costruita come un'opera d'arte da un popolo raffinato, quello stesso che ordinava nel '400 ai suoi pittori dipinti ed affreschi: è questa la caratteristica, il tratto principale calato nel corso dei secoli nel disegno dei campi, nell'architettura delle case toscane. È incredibile come questa gente si sia costruita i suoi paesaggi rurali come se non avesse altra preoccupazione che la bellezza." (da Il paesaggio rurale della cultura promiscua in Italia, in Rivista Geografica Italiana, LXVI (1959), 


Henri Desplanques (1911 – 1983), geografo francese


mercoledì 9 luglio 2014

VITI MARITATE FOTO VARIE AUTORI SCONOSCIUTI - TESTO ILARIA AGOSTINI

FOTO PREDATE NELLA RETE
SIA I LUOGHI ESATTI CHE GLI AUTORI MI SONO SCONOSCIUTI MA SONO MOLTO INTERESSANTI
TESTO ILARIA AGOSTINI SUL PAESAGGIO CAMPANO
NEL VIAGGIO IN ITALIA DEL '700


FRIULI

 BORGOSATOLLO (BS)



 OFFIDA (MARCHE)



MUGELLO (TOSCANA)


PUBBLICHIAMO INTERESSANTE TESTO SULLA VITE MARITATA E IL PAESAGGIO CAMPANO NEL '700

TESTO DI ILARIA AGOSTINI





L'Agro aversano
Si attraversa il Volturno a Capua, dove i viaggiatori non mancano di osservare la grande quantità di cippi e di fregi romani riutilizzati nei muri delle case della città nuova; la città antica, Capua Vetere, con i suoi importanti resti architettonici, si trova a poche miglia ed è tappa obbligata. 
Proseguendo sulla via Appia e approssimandosi alla città di Aversa, si apre agli occhi dei francesi uno strano, importante per dimensioni, paesaggio agrario: la coltivazione promiscua tra cereali, viti e alberi - che doveva pur essere a quei tempi ben più frequente, lungo la penisola, che ai giorni nostri! - assumeva nella campagna pianeggiante che copre la distanza tra Capua e Napoli un tale valore estetico che anche le guide dell’epoca si trovano nella necessità di preparare il viaggiatore ad un simile, nuovo paesaggio.
La guida di Lalande, collaboratore di Diderot e d’Alembert nell’opera che da sola dà la cifra del secolo, descrive l’agro aversano sottolineandone il valore di reperto di paesaggio storico: «Le viti che si trovano in abbondanza nei dintorni di Napoli si maritano ai pioppi, così come Virgilio e Omero dicono essere state ai loro tempi. Ergo aut adultâ vitium propagine / Alta maritat Populos. Hor. Epod. II. Nel resto d’Italia invece sono gli olmi, o altri alberi, ad essere utilizzati; tutto ciò rende le campagne molto fresche e molto ridenti; non se ne può vedere di più piacevoli di quella che si attraversa arrivando da Roma a Napoli per Capua; la strada è costeggiata da campagne coperte da alti pioppi; questi alberi sono uniti da vigne che vanno serrate dall’uno all’altro, in forma di ghirlande. Ci sono tre o quattro ceppi di vite a ciascun pioppo e da dieci a dodici passi di distanza da un albero all’altro»
[7].
L’enciclopedico Lalande, la cui guida diventa uno strumento indispensabile nel voyage di fine Settecento, descrive la maniera di educare la vite in uso nella pianura a sud dei Regi Lagni, coltura che presenta, proporzionalmente all’avvicinarsi alla città partenopea, un incremento di densità. La vite governata a tralcio lungo è tradizionalmente maritata al pioppo, in festoni tesi tra una pianta e l’altra. I festoni, in cui i tralci sono sistemati a rete – a rezz’ ‘e pecore 
[8]–, possono raggiungere gli otto/dieci metri di altezza; nel rigoglio estivo costituiscono un vero e proprio sistema di quinte verdi dal comportamento tessile, al di sopra delle quali sono rade lecacciate dei pioppi, potati senza scrupolo nei mesi invernali per rifornire di combustibile la grande città. Il seminativo arborato, localmente detto arbustato, gode della fertilità dei terreni di origine piroclastica della pianura napoletana e ospita, suscitando la meraviglia dei viaggiatori, una rotazione continua di cereali ed ortaggi. Ancora Lalande parla di tre semine annuali («Altri seminano tre volte all’anno, e in successione, i differenti grani» [9]ed elenca le colture: grano, trifoglio, panico, lupini e rape, dandoci così un indizio dell’uso del sovescio e della semina di foraggi.
Figura 3 Viti maritate a pioppi nell’agro aversano, in veste invernale. Le viti, mantenute a tralcio lungo, possono raggiungere i dieci metri di altezza. 
Figura 4 I tralci, disposti a formare una rete, sono legati col salice ai fili di ferro tirati in orizzontale da un tronco all’altro.
Il giudizio estetico dei viaggiatori francesi non è omogeneo: apprezzata univocamente l’unicità del paesaggio, i diari divergono in merito alla sua bellezza. Questo il giudizio di Roland de la Platière, ispettore delle manifatture di Lione, che arriva a percepire il paesaggio agrario come una foresta, in cui si trovano radure,maisons de plaisance e città, collegate da viali magnifici (il ricordo delle allées delle foreste francesi è inevitabile). 
È una foresta in cui lo sguardo è costretto, ma allorquando ci si alza dal livello della distesa verde il paesaggio si apre generoso allo sguardo del viaggiatore. «Tutte le campagne dei dintorni, fino a Napoli sono coperte di vigne sostenute da alberi, pioppi o aceri, piantati in linea retta a formare dei larghi viali. Si tirano i tralci nella direzione degli alberi; e al momento in cui riescono a toccarsi reciprocamente, si legano insieme: in questo modo, quando la foglia cresce e i grappoli crescono sui tralci allungati orizzontalmente, il peso dà loro una curvatura a festoni, che produce un effetto affascinante. Figuratevi tutta una campagna così ornata di ghirlande, di verdura e di frutti che prendono colore e le terre al disotto ben coltivate a grano, tuberi, ortaggi o prati artificiali e avrete un’idea di questo eccellente e bel paese. È, fino a Napoli, un orto continuo, con paesi e case di campagna in gran numero e viali superbi. In pianura il colpo d’occhio è limitato; ci si trova come in una foresta; ma la minima altura dispiega con pompa e magnificenza tutte queste ricchezze della natura» 
[10].
Diversa è l’opinione di Pierre Adrien Pâris, architetto, che ha occasione di visitare più volte il regno di Napoli. Nel journal del 1774, sostanzialmente contemporaneo a quello di Roland de la Platière, si legge che la pianura «è bella e ben coltivata» 
[11]; in un viaggio successivo, la cui testimonianza odeporica si limita ad una lettera, Pâris si attarda sul paesaggio aversano dandone un commento da cui traspare un senso di spiacevolezza dato dall’angustia del coup d’œil, unito al disincanto nei confronti di una campagna tanto produttiva, ma priva dei reperti archeologici così cari all’autore. «L’effetto di queste campagne è più bello nella descrizione che nella realtà. Il primo colpo d’occhio incanta, ma ben presto la noia sopraggiunge, poiché queste alberate monotone chiudono la vista e non lasciano scoprire nulla di una regione d’altra parte così interessante» [12].
Il giudizio, espresso nel 1807, si può avvicinare all’assenza di pittoresco lamentata da Chateaubriand negli stessi anni, «la regione è fertile, ma poco pittoresca». La campagna ben coltivata è solo una delle componenti necessarie per il beau pays.
Le guide settecentesche, generalmente attente agli ingressi di città, segnalano l’apparato vegetale della via Appia che conduce a Napoli
[13]: inserito nella stessa logica agraria, presenta un duplice, consueto, alto filare di viti maritate ai pioppi, i cui festoni inducono il marchese de Sade, presente a Napoli nel 1776, a pensare ad una strada parata a festa. 
«Una strada superba, fiancheggiata su entrambi i lati da grandi pioppi e ornata di pampini. Insomma, tutto dà l’impressione di una festa» 
[14].



Ilaria Agostini


RIVISTA DI ARCHITETTURADEL PAESAGGIOI




martedì 1 luglio 2014

BAVER (TV) VITI MARITATE E VIGNETI PROTETTI COME BENI IMMATERIALI - VITE MARITATA



BAVER VIGNETI PROTETTI


NOTIZIE RECENTI PRELEVATE DALLA RETE

Godega Sant’Urbano, fraz. BAVER (TREVISO)




NE HANNO PARLATO IN TV, NE HANNO PARLATO I GIORNALI E LA RETE MA, PRIMA DI TUTTI NE ABBIAMO PARLATO NOI DEL LABORATORIO PERMANENTE PAESAGGIO:

Emanato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, il provvedimento con cui ilVigneto  storico di Baver viene dichiarato di interesse culturale particolarmente importante, ai sensi del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42 e quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel predetto D.Lgs..
L’area in questione, come viene confermato dal Ministero, si può considerare un vero e proprio museo vivente della vecchia viticoltura veneta e come tale meritevole di salvaguardia in quanto assume quel valore identitario che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio più volte richiama.
sono tre con i loro suggestivi toponimi: Zhercol, Talpon e Talponet, un po’ in pianura e un po’ in declivio, a due passi dal borgo di Baver, che è a sua volta tutelato come bene storico per la sua fisionomia e per la presenza della chiesetta di san Biagio con affreschi del ’500. Le viti si estendono per quasi un ettaro e mezzo, 14 mila metri a “piantata trevigiana”, declinazione locale dell’antica “piantata padana”. Che vuol dire che le viti sono maritate, sposate ai gelsi, agli aceri e agli olmi: gli alberi davano sostegno e materiali per la vita contadina, legna da ardere e per gli attrezzi, cibo per i bachi da seta... Da vedere, poi, danno luogo ad un paesaggio affascinante, mosso da linee orizzontali e verticali, un tripudio di verde in primavera ed estate, una geometria tutta naturale d’inverno. Vuoi mettere, qualche chilometro più in là, i vigneti a paletti di cemento o di ferro che grondano prosecco industriale?
Le viti di Baver sono centenarie così come i più di cento olmi che si alternano alle piante: tutto documentato fin dal catasto napoleonico del 1811. E ancora: sono coltivate come una volta, a mano, la tecnica di potatura è antica, i “cai” si legano con il vimini, non si fa uso di disseccanti, il trattamento si fa solo con calce, rame e zolfo. Un altro mondo. Insomma, il concetto base è che «il vincolo parte dalla salvaguardia di questa cultura storica».










SE VOLETE APPROFONDIRE CLIC:

PER APPROFONDIRE



http://laboratoriopermanentepaesaggio.blogspot.it/search/label/World%20Heritage%20Cultural%20Landscapes




IL BACCO DI CARSULAE
UN MODELLO A NOI MOLTO NOTO



IL MIRACOLO DELL'UVA: ANTONIAZZO ROMANO (1468 )
DAL CONVENTO DI SANTA FRANCESCA ROMANA TOR DE SPECCHI, A ROMA

NOTARE CHE IL MIRACOLO CHE FA SGORGARE UVA DISSETANTE A GENNAIO AVVIENE IN UNA VITE MARITATA