RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UN TESTO MANDATO DA ANGELO CAMERINI, ETNOLOGO, INSEGNANTE E APICULTORE. VE LO PROPONGO CON DELLE IMMAGINI DI UNA SUA CATTURA SCIAME DEL 2014.
IL TESTO E' STATO MANDATO DA ANGELO AI RAGAZZI DELLA SUA CLASSE IN "LAVORO A DISTANZA".
ECCO LO SCIAME ATTACCATO AD UN RAMO
2014 TREVIGNANO
DIMENTICAVO: NON TUTTE LE CIAMBELLE RIESCONO COL BUCO !!!!!!!!!!!!!!
RACCONTO APISTICO
Cari
bambini,
a
seguito delle lezioni di apicoltura fatte il mese scorso a scuola, vi racconto
cosa mi è successo ieri.
Ero
nell'orto, nella mia casa a sette chilometri da Trevignano Romano dove mi sono
ritirato in questi giorni di emergenza da coronavirus.
Stavo
cercando una zappa, abbandonata sul campo e all'improvviso mi è apparso uno
sciame. Era appeso alla siepe di rovo che delimita il campo, una grossa palla o
meglio una grande goccia larga trenta centimetri. Immobile e silenzioso si
mimetizzava all'ombra della siepe. Saranno state ventimila api : era quindi uno
sciame “primario” con metà delle api di una famiglia. Le api, quando sciamano,
vanno via con la vecchia regina, la più esperta e capace di fondare una nuova
colonia. Lasciano nella vecchia arnia la nuova regina, appena nata, che le
altre operaie hanno deciso di creare. In seguito può nascere uno sciame
secondario di diecimila api e uno sciame terziario di cinquemila, e così via.
Ma quest' ultimo è meno “pregiato”, perchè difficilmente riesce a svilupparsi e
a diventare una vera famiglia prima dell'estate. Comunque questo sciame
proveniva di certo da una delle mie
arnie a pochi metri di distanza.
Quando
le api sciamano da sole l'apicoltore ha una doppia reazione : da una parte è
dispiaciuto, perchè quelle due famiglie, la vecchia e la nuova, difficilmente
faranno miele per lui quell'anno : sono tutte e due occupate a fare api e il
miele basterà appena per le nuove nate. Dall'altra c'è la gioia di avere una
nuova famiglia di api, e per me che ne avevo da poco scoperta una morta, questa
era un'ottima notizia.
Quando
le api sciamano, diventano docili e tranquille come un agnellino. Ti puoi
avvicinare e accarezzare a mani nude la palla di api e nessuna ti pungerà. Se
le carezzi le api in superficie hanno un lieve tremito, come per un piccolo
solletico, ma poi si rimettono ferme e buone a proteggere la regina che sta al
centro, E' la stessa impressione che fa grattare la schiena ad un leone mezzo
addormentato : la metà di quelle api, se ti pungessero, potrebbero ucciderti ma
nessuna lo fa. Gli esperti hanno
scoperto che questo avviene per vari motivi. Prima di lasciare la loro casa le
api fanno scorte di miele : ingurgitano nella sacca melaria tutto il miele che
possono ( gli servirà per fare la cera e costruire la loro nuova casa), e a
quel punto non riescono ad estroflettere il pungiglione e a pungere. E poi sembra che questo sia un comportamento che si
è evoluto per farsi catturare facilmente
dall' apicoltore, e farsi dare una nuova arnia.
Questa
cosa la “riscoprii” ( ecco un caso in cui usare il passato remoto) tanti anni
fa.
Ero
andato per scrivere un articolo per “Apitalia”, la rivita degli apicoltori
italiani, all'Abazia di Montecassino
(proprio quella che fu distrutta dai bombardamenti americani durante la
seconda guerra mondiale e poi ricostruita). C'era una mostra degli Exultet e
sapevo che poteva esserci qualcosa di interessante per gli apicoltori.
Gli
Exultet sono dei grandi rotoli di pergamena, lunghi anche dieci metri, che
erano usati per la liturgia (per la messa) della Pasqua. Furono scritti durante
il Medioevo, dopo la caduta dell'impero romano, e ogni abbazia ne aveva uno,
con piccole differenze. L'abate, il prete, saliva con una scaletta sul pulpito
dentro la chiesa e srotolava questo lungo libro. Da un lato, il suo, c'erano
scritte le parole da recitare durante la messa. Tra le preghiere lette c'era
l'elogio dell'ape, creatura pura e utilissima perchè oltre al miele produceva
la cera, necessaria per fare le candele con cui illuminare le chiese che
avevano poche finestre. La candela più grande era il cero pasquale che rimaneva
acceso durante le funzioni della settimana santa. Dall'altro lato, per il
popolo che non sapeva leggere (perchè le scuole dei Greci e dei Romani non c'erano
più) c'erano dei disegni. Oltre quelli dei Santi e delle Madonne c'erano dei
disegni sulle api e sulle arnie.
Uno,
in particolare, mi colpì : rappresentava quattro uomini alle prese con due
arnie. I due di destra che stavano prendendo del miele da un'arnia, e avevano
le gambe e le braccia coperte da fasce di stoffa, per non farsi pungere dalle
api. I due uomini sulla sinistra stavano catturando uno sciame appeso al ramo
di un albero, e avevano invece le gambe nude, che spuntavano da una corta
tonaca : allora, come nel periodo dei Romani non c'erano i pantaloni. Insomma
questo disegno serviva per spiegare ai contadini che non dovevano aver paura di
catturare uno sciame, perchè in quell'occasione le api non pungono, e le
possono prendere e mettere in un'arnia anche con le braccia e le gambe nude. I
quattro uomini barbuti che hanno a che fare con le api sono il ricordo di
quattro personaggi dell'antica Grecia, i Cureti, che proteggevano Giove bambino
nutrito dalle api. I frati e i sacerdoti del Medioevo conservavano e
ricopiavano a mano gli antichi testi dei Greci e dei Romani : erano gli
amanuensi. Insomma gli Exultet, scritti a mano da questi monaci, sono un
documento storico e iconografico : vi ricordate? Li avevamo studiati in terza.
Ma
ora torno al mio sciame, sperando di non avervi annoiato troppo con queste
antiche storie.
Ho
preparato una cassettina “prendi- sciami” : è come un'arnia, ma grande la metà
per poterla spostare meglio e perchè le api non amano spazi vuoti. Appena messe
dentro un' arnia normale comincerebbero a costruire disordinatamente e questo
sarebbe uno spreco di cera e di lavoro. Dentro ho messo un telaino pieno di
miele, uno già costruito ma vuoto, pronto perchè la vecchia regina deponga le
uova, due telaini con foglio cereo da costruire e un telaino con acqua e
zucchero : in tutto cinque.
Ho
messo la cassettina su una sedia proprio sotto lo sciame, che era aggrappato ad
un metro e mezzo di altezza. Ho affumicato leggermente le api,
tranquillizzandole con l'odore del fumo che già conoscevano. Poi, con un paio
di cesoie ho tagliato tutti i rametti che uscivano dalla “palla di api”. A
questo punto ho tagliato il ramo principale ed ho poggiato delicatamente lo
sciame all'imboccatura della cassetta. Le api hanno iniziato subito ad entrare,
attratte dall'odore della cera, del miele e dell'acqua zuccherata. Dopo
mezz'ora erano entrate tutte dentro e ho potuto mettere sopra il coperchio
controllando che la porticina fosse aperta. Verso le cinque ho preso la
cassetta e l'ho portata vicino alle altre arnie. Le api non avevano ancora
memorizzato la nuova posizione : l'avessi spostate il giorno dopo qualcuna
delle esploratrici sarebbe ritornata dove erano sciamate e non avrebbe più
ritrovato la propria famiglia. Ed ecco, le arnie sono ridiventate cinque. Nei
prossimi giorni dovrò portare altra acqua e zucchero, finchè non avranno
costruito tutti i telaini. Poi ci penseranno loro a cercare nettare dai fiori e
spero quest'anno di fare un po' di miele.
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