OLMO DI CAMPAGNOLA UN ALBERO CHE NON ESISTE PIU'
FAGGIO DEL PONTONE
Alberi
straordinari d’Italia
Estratto da La
Repubblica (lunedì 4 marzo 2019)
di
Fabio
Marzano
Piante
secolari con il dono della parola. Hanno dimensioni da primato e storie da
raccontare. Sono i 100 alberi straordinari d’Italia oggi raccolti per la prima
volta nell’omonimo atlante curato dall’associazione I patriarchi della natura.
Ci
sono antichi alberi da frutto, cipressi e tigli legati alla storia dei santi e
highlander vegetali che offrono una finestra sui cambiamenti climatici. <> spiega Sergio Guidi, presidente
dell’associazione I Patriarchi.
Un
caso esemplare è l’olivo di Villa Minerva, a Poggio in una frazione di Sanremo.
Fino al 1912, quando è stato costruito il faro di Capo dell’Arma, l’albero di origine
medioevale è stato l’unico punto di riferimento per orientare la rotta di
navigazione nell’ultimo tratto della riviera di Ponente. Dal controllo del
traffico delle navi, oggi si dedica alla meteorologia. <>.
Nell’atlante,
pubblicato da Pearson e distribuito da Bruno Mondadori, un posto d’onore è
riservato al tiglio. Una specie nordica la cui chioma, soprattutto sulle Alpi,
ha ospitato per secoli tribunali e consigli di guerra. Si parte da quello di Sant’Orso
ad Aosta, che conta quasi cinquecento anni, fino all’esemplare secolare del
Parco della Pieve a Trento che in passato ha accolto il cosiddetto Banco della
ragione dove il vicario del vescovo amministrava la giustizia.
Alberi che vantano una storia naturale unica. – continua il presidente
dell’associazione - L’albero ha un tronco
con una circonferenza di oltre 8 metri dovuta alla fusione, se così possiamo
dire, di più fusti cresciuti insieme da una vecchia ceppaia e poi saldati e tra
di loro nel corso dei secoli
Nel
volume ci sono alberi in grave pericolo, per gli acciacchi dell’età, o
addirittura deceduti durante la stesura del libro. Di queste piante monumentali,
però, rimane il germoplasma custodito in una banca curata dall’Associazione i
Patriarchi.
*******
Tempo
delle piante
Estratto
da RLab, La Repubblica (6 marzo 2019)
di
Fabio Marzano
È tempo di risveglio per le piante. il primo a fiorire è stato il nocciolo a metà febbraio mentre tra pochi giorni toccherà al salice. Per queste piante e non solo la primavera arriva con una media di oltre dieci giorni di anticipo secondo i primi dati che arrivano dai giardini fenologici, orti protetti dove gli scienziati studiano il calendario della natura.
Di questi
giardini ce ne sono in tutto il mondo e in Italia sono undici, distribuiti dal
Trentino alla Calabria. Facile riconoscerli perché sono tutti identici: non
ospitano solo le stesse specie ma addirittura esemplari clonati a partire dalla
stessa pianta madre. Una grande famiglia vegetale a cui spetta misurare le
stagioni come un’unica clessidra con le radici. Spiega Marco Fornaciari da Passano, docente di botanica applicata
all’Università di Perugia e direttore del Centro Appeninico del Terminillo dove
si trova il giardino fenologico a più alta quota in Italia.
Nei
giardini fenologici sono ammesse fino a 22 specie, tutte con spiccate capacità
di adattamento ad ambienti diversi. Oltre al salice e al nocciolo ci sono per
esempio il ciliegio, la betulla e la farnia, un genere di quercia mediterranea,
e in alcuni casi anche il melo e la vite.
Se una
pianta di sambuco, una delle specie guida dei giardini fenologici, germoglia
prima in Veneto e poi in Calabria significa che il responsabile va cercato nel
clima e in altri fattori ambientali come l’inquinamento perché tutti gli
esemplari di sambuco esaminati hanno un corredo genetico identico.
Negli ultimi dieci anni i bioritmi di queste
piante-fotocopia indicano che la primavera non si fa aspettare. Basta qualche grado in più per sbocciare: in
realtà, non tutto il mondo vegetale segue questo meccanismo ed è ancora da
accertare quanto influiscano le ore di luce sul ciclo biologico di questi
organismi.
Le
origini della fenologia sono molto antiche. I primi rilevamenti sull’arrivo
della primavera, per esempio, risalgono a misurazioni eseguite a partire dal
705 d.C sulla fioritura dei ciliegi in Giappone. In Europa il primato della
serie fenologica più lunga spetta a un singolo ippocastano sulla Promenade de la Treille a Ginevra in
Svizzera monitorato con regolarità da inizio Ottocento.
In
tutti casi, l’avvio della bella stagione sembra spostarsi verso l’inizio di
marzo. In media, dagli anni Settanta a oggi, la primavera sottrae quattro
giorni all’inverno in media ogni dieci anni. Questo percorso, che in passato procedeva
a zig-zag, oggi è diventata una linea continua verso il ribasso, nonostante i
capricci del meteo.
Quando
si sale di quota, invece, la piante se la prendono con calma. Rispetto agli
esemplari in pianura le fioriture dell’albero del melo, per esempio, ritardano
di quasi tre giorni per ogni cento metri di altitudine in più.